Cappella del Crocefisso Miracoloso
La Cappella del Crocefisso Miracoloso, costruzione antecedente all’anno 1000, è parte integrante della struttura della Chiesa di Santa Caterina D’Alessandria.
La cosidetta porziuncola, con archi a volta in puro stile gotico con il portale rivolto ad oriente, in origine è, con molta probabilità, separata dalla Chiesa principale. Successivamente la Cappellina viene allungata, forse a causa di scoscendimenti avvenuti intorno al 1506, sì da formare un corpo unico con la Chiesa.
All’interno dell’Oratorio è presente un coro in legno del Seicento, che abbraccia per intero la Cappellina e degli affreschi di notevole interesse: il più antico, si trova sul muro absidale, risale al XIII secolo ed è stato recentemente scoperto quando sono stati eseguiti i lavori di restauro e di stacco dal muro dell’affresco del Crocifisso miracoloso. Un affresco, quest’ultimo, che risale al 1400 di stile tardo gotico, raffigurante la figura di Gesù Crocifisso con la testa molto inclinata e con la ferita al costato ben visibile, da cui, il 13 giugno del 1566, avviene un Miracolo.
Nel XVI secolo i Turchi saccheggiano e depredano le cittadine del litorale abruzzese per vendicarsi della sconfitta di Malta.
L’incursione più spaventosa avviene nel corso del 1566: le orde saracene arrivano ad Ortona, mettendola a ferro e fuoco.
Prima che gli invasori invadano la città però, le monache benedettine iniziano a pregare davanti a questo affresco. Il Signore ascolta le preghiere, e le suore, ben 48 giorni prima dell’arrivo dei Turchi, vedono sgorgare dal costato del Gesù Crocifisso del sangue vivo, che viene raccolto e custodito in due ampolline.
Quando i Turchi arrivano ad Ortona, trovano la città deserta, e distruggono quasi completamente la Basilica di San Tommaso, ma inspiegabilmente non si avvicinano alla Chiesa di S. Caterina, né al Convento delle monache.
Nel 1570 le due ampolle vengono però trafugate da Padre Basilio di Venezia dell’ordine agostiniano, che porta con sé le preziose ampolline, che rimangono a Venezia per molti secoli.
Nel 1934 una delle due torna finalmente ad Ortona, è conservata in una nicchia di marmo nella Cappella.